Ultimo Giorno è stato un live immersivo mirato a esplorare la tematica della sopravvivenza durante una ipotetica fine del mondo. Un evento live action basato sull’azione drammatica, con personaggi pre-generati caratterizzati da tematiche molto mature e strutturati in una one shot di 24 ore. Il gioco era basato su un regolamento semplificato anche per quanto riguardava le dinamiche di combattimento con armi bianche da larp e armi a salve.
La storia prendeva in esame il luogo dove realmente si stava giocando, simulando con una serie di documenti audio/video e testuali consegnati in pre evento, una malattia che trasformava qualunque persona morente in una specie aggressiva e cannibale, oltre che insensibile al dolore. Altra dinamica peculiare dell’evento è stata la gestione del cibo in gioco: distribuzione dispari delle risorse e impossibilità di uscire dall’area di gioco hanno trasformato la fame e il sonno in un’esperienza dura non solo per il personaggio, ma direttamente per il giocatore.
I personaggi potevano morire direttamente dal primo minuto di gioco, non vi erano regole a impedire l’escalation di violenza. Il sistema prevedeva che tutti i giocatori morti iniziassero una diversa fase di gioco caratterizzata dalla loro nuova natura di zombi con una forte componente tribale, al fine di dare un’esperienza di gioco interessante anche ai “cacciatori”. La struttura narrativa dell’evento verteva particolarmente verso il sandbox. A livello narrativo sono stati sviluppati alcuni filoni alternativi poi sviluppati direttamente dai giocatori.
Le due principali problematiche riscontrate nell’evento sono state: la vastità della location che, oltre a prevedere un complesso centrale di 5 case giocabili in un’ampia area con in mezzo un fiume (guadabile e attraversato da un ponte), aveva tre direzioni su 4 che si estendevano per svariati chilometri verso le montagne e verso il mare. La vastità ha fatto sì che, con il passare del tempo e la difficoltà a riuscire a difendersi dalla forza sempre più sovverchiante dei non morti, i personaggi siano stati spinti a scappare in sperduti boschi lontani dal centro del gioco. Questo ha aumentato altamente la componente “survival” dell’evento, non avendo i giocatori neanche l’attrezzatura adatta, ma ha limitato lo svolgimento narrativo e la fruizione di altre dinamiche. La seconda e forse più inficiante problematica è stata la gestione del gioco per chi è diventato zombi. Non si è riusciti a creare una vera vita di comunità tribale, è stato impossibile continuare a mantenere la richiesta di “gioco in character” per chi moriva e diventava zombi, anche per la stanchezza accumulata e la necessità di cibo. Ciò ha reso di fatto l’esperienza molto meno interessante per chi è morto nelle prime fasi di gioco.